domenica

L'Elettronica e il Commercialesimo


<<Dagli albori della civiltà, l’uomo ha voluto esprimere sé stesso, i propri pensieri, le proprie preoccupazioni ed esigenze attraverso la musica.

Musica basilarmente rudimentale, ritmica, forsennata, che rispondeva all’esigenza di invocare spiriti, propiziare la caccia e il raccolto, invocare la pioggia, sempre strettamente collegata alla danza. Dal bisogno più impellente di cibarsi, l’uomo si rese gradualmente conto della necessità di coprire il proprio corpo, non tanto per l’odierna pudicizia, quanto per l’ormai scontata azione di ripararsi dal freddo, dalla neve e dalle grandi gelate a noi sconosciute.

Musica basilarmente rudimentale, ritmica, forsennata, che rispondeva all’esigenza di invocare spiriti, propiziare la caccia e il raccolto, invocare la pioggia, sempre strettamente collegata alla danza. Dal bisogno più impellente di cibarsi, l’uomo si rese gradualmente conto della necessità di coprire il proprio corpo, non tanto per l’odierna pudicizia, quanto per l’ormai scontata azione di ripararsi dal freddo, dalla neve e dalle grandi gelate a noi sconosciute.

Musica, dunque, come mezzo di espressione, come conferma di evoluzione nel pensiero e nella costruzione di strumenti sempre più avanzati, fino ad arrivare alla produzione di musica non-strumentale, bensì artificialmente computerizzata, analogica e digitale.

Dove sono finite le grandi pellicce di mammut, in tutto ciò?

Anche esse, come la strumentazione, si sono evolute, sempre mantenendo dei visibili collegamenti con l’istintività produttiva iniziale, ma passando attraverso tecnologie di sartoria, artigianato e manualità.

La vasta produzione di abbigliamento a livello industriale e mondiale, ha reso i giovani d’oggi standardizzati nel vestire, così come nell’ascoltare musica, con l’avvento dei canali televisivi dedicati alla divulgazione di videoclip, visionando i quali ragazzi e ragazze possono prendere spunto dal look dei propri divi.

Mentre Madonna negli anni 80 dettava legge come “rebel girl” in maniera del tutto disinvolta, per fortuna, negli anni 10, non tutti seguono le ultime mode del momento promulgate da musica cosiddetta “commerciale”.

La nuova modalità di sfogo e di espressione, per i ragazzi meno legati a ciò che passa sullo schermo, è la musica elettronica, vera avant-garde odierna, dal punto di vista musicale e artistico.

Innovazione sonora che, ovviamente, trasuda nell’innovazione stilistica, e la vera novità è che essa spilucca un po’ da tutte le mode e i generi musicali annessi che si sono avvicendati dagli anni 70 a oggi, così diverse se analizzati separatamente, ma terribilmente organici se assemblati in un unico corpo.

Dall’ hippie anni 60 fino alle camice con fantasie psichedeliche anni 70, accessori vintage in pelle (quando essa non era ancora considerata un crimine), passando inequivocabilmente per la trasgressione punk e new wave anni 80.

Non bisogna mai dimenticare, tuttavia, che le sopracitate correnti giovanili underground sono state vere e proprie correnti di pensiero, di azione, reazione, impregnate di una voglia di evadere dai propri confini e dalla propria realtà quotidiana che permane ancora oggi nei giovani, sempre scontenti della loro situazione così come continuamente alla ricerca di nuovi stimoli per migliorarla.

E queste esigenze, da cosa possono essere meravigliosamente soddisfatte, se non dalla musica?

Una commistione, dunque, è l’oggetto della ricerca stilistica e musicale dei giovani.

Tra jeans attillati all’osso e strappati, prettamente punk, fino a camicioni a quadri americani, minigonne fluo anni 60, motivi decorativi con gufi (sì, i gufi sono il vero “must” dell’estate), tacchi e zeppe colorate, shorts e occhiali da sole, nell’infinito repertorio a disposizione si può letteralmente plasmare il proprio stile, prendendo un po’ da questo un po’ da quello, esattamente come fa la musica elettronica

Nel turbinio del presente veloce, la musica elettronica sta al passo con i tempi, divertente, brillante, sempre diversa, accompagnata da influenze rock che la rendono meno artificiale, più viva e comprensibile.

Scatenarsi sul dancefloor, dunque, senza soffrire in vestitini e tacchi a spillo come in discoteca, ma sfogare il proprio essere in semplici locali, dove ci sia il minimo indispensabile per passare un weekend libero, senza pensare al lunedì imminente.>>


Pubblicato su The Wall Free il 25 Maggio 2011.

Avrei mai potuto scrivere qualcosa di più commercialoide, banale, consumistico, modaiolo?

No, non credo. Mi sono proprio impegnata.

Posso puntare al recensire sfilate su Vogue, adesso.


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