martedì

Sex Pistols, Punk, Sociologia

Pensieri un po' sconnessi, appunti per un saggio sulle Culture Giovanili che prima o poi nella mia vita scriverò. Il tutto partito da un'analisi sul 1977 e i Sex Pistols.

In 1977 I hope I go to Heaven, 'cause I been too long on the dole,
and I can't work at all.
Danger stranger, you better paint your face,
No Elvis, Beatles or the Rolling Stones in 1977
1977 - The Clash

The Sex Pistols, mai apprezzati appieno da un punto di vista puramente musicale, amati per il movimento di moda-stile-progresso-trasgressione che hanno generato. Per il fenomeno mediatico che sono stati, e che sono tuttora.
Erano dei venduti? Erano dei modaioli?
I punx puritani odierni che rigettano apertamente la commercialità dei Sex Pistols, non avrebbero certo le loro band (vedi Total Chaos, Casualties e pippe varie) se i Sex Pistols non avessero iniziato a "non suonare" e a vestirsi a quel modo.
Il punk è una moda, dalla A alla Z.
Il termine "moda" non è dispregiativo, beninteso, è un dato di fatto, ne siamo tutti parte, ne siamo tutti vittime.
Provate voi ad essere punk senza cresta, braghe in tartan e anfibi. Molto semplicemenente, non lo sarete. Sarete dei tizi che ascolteranno un genere musicale x, come tanti altri soggetti, punto.
Ciò è motivato dalla diffusa morma mentis sociale che tende a standardizzare e catalogare i casi umani dai due stracci che indossano.
Dunque, i punk che tanto aborriscono la moda quanto le etichette sociali, non fanno altro che promuovere loro stessi un'immagine, secondo loro, fasulla del punk.

La "corrente giovanile" è sempre diversa, e farne parte ti rende partecipe di una youth che verrà poi consacrata e analizzata da sociologi futuri.
Questo è ciò che è rimasto del punk, una necessità di appartenenza ad un movimento, ad un gruppo di persone, ad un qualcosa che oggi sia generazionalmente nuovo.
Tenendo conto della traduzione generica di punk ("teppista" et similia), cosa possiamo definire tale, oggigiorno?
Non certo l'assistere alla reunion dei Sex Pistols all'Heineken Jammin Festival, davvero no, nè avere una cresta colorata, un paio di Tiger of London e borchie everywhere.

Se consideriamo il punk come un essere diversi dalla massa commerciale MTViana, rigettare forme etico-strutturali di un ego che ha bisogno di ben altro per nutrirsi, un certo tipo di abbigliamento che si allontana dalla sfilata Vogueiana ma allo stesso tempo attento a non incappare nel vestito sbagliato, allora possiamo parlare di punk nel 2011?
O questo è nato e morto 34 anni fa?

Perchè coontinuo a incappare in documentari sul punk, in saggi in libreria, in magliette dei Clash e dei Ramones da H&M (sottolineo: H&M)?
Perchè il punk è diventato fenomeno commerciale e sociale, ragionevolmente lontano dal 1977, ed i nostalgici mi fanno davvero tanta tristezza.





domenica

L'Elettronica e il Commercialesimo


<<Dagli albori della civiltà, l’uomo ha voluto esprimere sé stesso, i propri pensieri, le proprie preoccupazioni ed esigenze attraverso la musica.

Musica basilarmente rudimentale, ritmica, forsennata, che rispondeva all’esigenza di invocare spiriti, propiziare la caccia e il raccolto, invocare la pioggia, sempre strettamente collegata alla danza. Dal bisogno più impellente di cibarsi, l’uomo si rese gradualmente conto della necessità di coprire il proprio corpo, non tanto per l’odierna pudicizia, quanto per l’ormai scontata azione di ripararsi dal freddo, dalla neve e dalle grandi gelate a noi sconosciute.

Musica basilarmente rudimentale, ritmica, forsennata, che rispondeva all’esigenza di invocare spiriti, propiziare la caccia e il raccolto, invocare la pioggia, sempre strettamente collegata alla danza. Dal bisogno più impellente di cibarsi, l’uomo si rese gradualmente conto della necessità di coprire il proprio corpo, non tanto per l’odierna pudicizia, quanto per l’ormai scontata azione di ripararsi dal freddo, dalla neve e dalle grandi gelate a noi sconosciute.

Musica, dunque, come mezzo di espressione, come conferma di evoluzione nel pensiero e nella costruzione di strumenti sempre più avanzati, fino ad arrivare alla produzione di musica non-strumentale, bensì artificialmente computerizzata, analogica e digitale.

Dove sono finite le grandi pellicce di mammut, in tutto ciò?

Anche esse, come la strumentazione, si sono evolute, sempre mantenendo dei visibili collegamenti con l’istintività produttiva iniziale, ma passando attraverso tecnologie di sartoria, artigianato e manualità.

La vasta produzione di abbigliamento a livello industriale e mondiale, ha reso i giovani d’oggi standardizzati nel vestire, così come nell’ascoltare musica, con l’avvento dei canali televisivi dedicati alla divulgazione di videoclip, visionando i quali ragazzi e ragazze possono prendere spunto dal look dei propri divi.

Mentre Madonna negli anni 80 dettava legge come “rebel girl” in maniera del tutto disinvolta, per fortuna, negli anni 10, non tutti seguono le ultime mode del momento promulgate da musica cosiddetta “commerciale”.

La nuova modalità di sfogo e di espressione, per i ragazzi meno legati a ciò che passa sullo schermo, è la musica elettronica, vera avant-garde odierna, dal punto di vista musicale e artistico.

Innovazione sonora che, ovviamente, trasuda nell’innovazione stilistica, e la vera novità è che essa spilucca un po’ da tutte le mode e i generi musicali annessi che si sono avvicendati dagli anni 70 a oggi, così diverse se analizzati separatamente, ma terribilmente organici se assemblati in un unico corpo.

Dall’ hippie anni 60 fino alle camice con fantasie psichedeliche anni 70, accessori vintage in pelle (quando essa non era ancora considerata un crimine), passando inequivocabilmente per la trasgressione punk e new wave anni 80.

Non bisogna mai dimenticare, tuttavia, che le sopracitate correnti giovanili underground sono state vere e proprie correnti di pensiero, di azione, reazione, impregnate di una voglia di evadere dai propri confini e dalla propria realtà quotidiana che permane ancora oggi nei giovani, sempre scontenti della loro situazione così come continuamente alla ricerca di nuovi stimoli per migliorarla.

E queste esigenze, da cosa possono essere meravigliosamente soddisfatte, se non dalla musica?

Una commistione, dunque, è l’oggetto della ricerca stilistica e musicale dei giovani.

Tra jeans attillati all’osso e strappati, prettamente punk, fino a camicioni a quadri americani, minigonne fluo anni 60, motivi decorativi con gufi (sì, i gufi sono il vero “must” dell’estate), tacchi e zeppe colorate, shorts e occhiali da sole, nell’infinito repertorio a disposizione si può letteralmente plasmare il proprio stile, prendendo un po’ da questo un po’ da quello, esattamente come fa la musica elettronica

Nel turbinio del presente veloce, la musica elettronica sta al passo con i tempi, divertente, brillante, sempre diversa, accompagnata da influenze rock che la rendono meno artificiale, più viva e comprensibile.

Scatenarsi sul dancefloor, dunque, senza soffrire in vestitini e tacchi a spillo come in discoteca, ma sfogare il proprio essere in semplici locali, dove ci sia il minimo indispensabile per passare un weekend libero, senza pensare al lunedì imminente.>>


Pubblicato su The Wall Free il 25 Maggio 2011.

Avrei mai potuto scrivere qualcosa di più commercialoide, banale, consumistico, modaiolo?

No, non credo. Mi sono proprio impegnata.

Posso puntare al recensire sfilate su Vogue, adesso.


Inserisci link

sabato

Manipulatio

Tecnologia è Facilità. Ma è anche Scarsa Competenza, Pigrizia?
Con la manipolazione delle immagini, l'arte si è davvero evoluta?
Agli artisti vengono offerte nuove possibilità tecniche per migliorare il proprio lavoro, ma essi sarebbero capaci di un tale grandioso risultato senza l'ausilio di Illustrator, Photoshop &Co.?
Dov'è che finisce la bravura manuale e inizia la manipolazione artificiale?

La tecnologia ha accorciato i tempi della Produzione. Produzione di un qualunque manufatto, che viene, tramite essa, artefatto. La nostra società vive nella fretta causata dalla Produzione, e dal rendere visibile al mondo la propria sudata opera, e ciò è possibile grazie alle miriadi di siti di condivisione pubblica (tra cui, ovviamente, Blogspot), che permettono all'artista di mettersi in gioco nel panorama virtual-mondiale, di cerarsi una piccola cerchia di fan che, come lui, vogliono crescere individualmente e artisticamente. Una art society ad ampissima scala, che, tuttavia, non rende sempre possibile la condivisone reale del proprio materiale.

Cosa c'è di più emozionante che saggiare la carta dove si è operato?
Accorgersi dei piccoli segni di matita, del colore seghettato sulla superficie ruvida, delle prove a margine, degli errori . . .
Tutto ciò è letteralmente scomparso all'interno di uno schermo, le immagini sono assolutamente impeccabili, bianche, lucide, intonse. Asettiche, dunque?

I programmi di manipolazione d'immagini offrono infinite opzioni per il proprio lavoro, non si finisce mai di scoprire nuovi strumenti nascosti nei menu.
Ora, dunque, la sfida artistica non è più la ricerca di una particolare angolazione, di una luce, di una sfumatura, di una prospettiva (l'esempio migliore che mi viene in mente, sebben datato, è il concorso per le formelle del portale del battistero di Firenze, disputa tra Brunelleschi e Ghiberti), ma è diventata una caccia nel software all'effetto più realistico, più perfetto, più superficialmente ideale.

E' un'evoluzione della forma artistica, certamente non si può negare l'utilità di questi sistemi, ma è anche l'inizio di un proggressivo deficit creativo?

Perchè, passeggiando per i corridoi di un museo, osservando le tele, si provano emozioni viscerali, mistiche, accenni personali della Sindrome di Stendhal, e davanti a uno schermo si rimane impassibilmente seduti sulla sedia, scorrendo immagini alle quali viene concesso un rapido sguardo e niente più?

Propongo qui un confronto tra un'illustrazione scannerizzata (e già un 30% della bellezza del disegno scompare tra un vetro e un coperchio Hp) e non modificata in nessun modo, e la stessa dopo una ripulita con Gimp.